Autore: Immobiliare Brava

  • Donazione di immobili ai figli: vantaggi, rischi e costi

    Donazione di immobili ai figli: vantaggi, rischi e costi

    La donazione di immobili ai figli è una scelta sempre più frequente tra i genitori che vogliono anticipare il passaggio generazionale della proprietà. Ma prima di procedere, è importante valutare con attenzione vantaggi, costi e potenziali rischi legati a questo tipo di operazione.

    Che cos’è la donazione di un immobile?

    La donazione è un atto con cui una persona trasferisce gratuitamente un bene (in questo caso un immobile) a un’altra, con effetto immediato. Per essere valida, deve essere redatta da un notaio, alla presenza di due testimoni.

    Vantaggi della donazione ai figli

    Donare un immobile ai figli può portare diversi benefici:

    • Anticipazione della successione: evita eventuali conflitti futuri tra eredi

    • Ottimizzazione fiscale: se si dona ai figli, non si pagano imposte di successione fino a 1 milione di euro di valore per beneficiario

    • Gestione del patrimonio: permette ai genitori di scegliere in vita come distribuire i beni

    I costi della donazione

    La donazione comporta comunque alcuni costi notarili e fiscali, che dipendono dal valore dell’immobile e dalla relazione tra donante e beneficiario:

    • Imposta di registro: 200 euro

    • Imposta ipotecaria: 200 euro

    • Imposta catastale: 200 euro

    • Parcella notarile: variabile, in base al valore del bene

    • Eventuali spese per la trascrizione e voltura catastale

    Nel caso in cui l’immobile non sia “prima casa” per il donatario, si applicano imposte proporzionali.

    Rischi da considerare

    La donazione non è sempre la soluzione ideale. Tra i rischi più comuni:

    • Impugnabilità da parte di altri eredi entro 10 anni dalla morte del donante

    • Difficoltà nella rivendita dell’immobile: molti acquirenti e banche evitano di acquistare case donate, proprio per timore di future contestazioni

    • Revocabilità in alcuni casi, ad esempio per ingratitudine o sopravvenienza di figli

    Per questo è consigliabile valutare soluzioni come il trust, il patto di famiglia o la nuda proprietà in alternativa alla donazione tradizionale.

    La donazione di un immobile ai figli può essere uno strumento utile per la pianificazione patrimoniale, ma richiede una valutazione attenta dei costi, dei vincoli e delle conseguenze future. Prima di procedere, è sempre opportuno affidarsi a un notaio o a un consulente legale e fiscale per scegliere la formula più adatta al proprio caso.

  • Immobile vista mare: quanto incide la posizione sul prezzo?

    Immobile vista mare: quanto incide la posizione sul prezzo?

    Acquistare un immobile vista mare è il sogno di molti, ma anche un investimento immobiliare strategico. La posizione panoramica, infatti, incide in modo significativo sul prezzo al metro quadro, rendendo queste proprietà molto richieste e spesso fuori portata rispetto agli immobili più “interni”.

    Immobile vista mare: quanto costa?

    In media, un appartamento con vista diretta sul mare può costare dal 20% al 50% in più rispetto a un immobile simile ma privo di affaccio panoramico. La differenza varia in base a numerosi fattori:

    • Regione e località (Liguria, Sardegna, Costiera Amalfitana e Salento hanno quotazioni più alte)

    • Distanza reale dalla spiaggia

    • Tipologia della vista (fronte mare, laterale, parziale)

    • Esposizione e piano (più la vista è ampia e libera, più aumenta il valore)

    • Servizi e infrastrutture nelle vicinanze

    Secondo i dati più recenti, nelle zone costiere più esclusive i prezzi possono anche superare i 10.000 euro/mq per soluzioni con terrazze panoramiche, accesso diretto alla spiaggia e vista aperta.

    Perché gli immobili vista mare valgono di più?

    Oltre al fascino indiscusso del paesaggio, le case vista mare sono considerate beni rari e quindi ad alto valore percepito. Questo si traduce in:

    • Maggiore appetibilità sul mercato

    • Domanda costante sia per acquisto che per affitto turistico

    • Rendimento più alto in caso di locazione breve o stagionale

    Investimento o scelta di vita?

    Un immobile vista mare può rappresentare sia una scelta di qualità della vita, sia un investimento redditizio. In particolare, nelle aree a forte vocazione turistica, è possibile ottenere alti ritorni economici con affitti a breve termine, specie nei mesi estivi.

    La posizione è uno dei fattori principali che determinano il valore di un immobile. Quando si parla di case vista mare, l’incidenza sul prezzo è evidente e spesso giustificata non solo dalla bellezza paesaggistica, ma anche dalle opportunità economiche legate all’investimento. Per chi desidera comprare casa al mare, valutare attentamente l’esposizione, la distanza dalla costa e il contesto urbano è essenziale per fare un acquisto consapevole.

  • Certificazione energetica edifici: cosa sapere

    Certificazione energetica edifici: cosa sapere

    La certificazione energetica degli edifici, nota anche come APE (Attestato di Prestazione Energetica), è un documento obbligatorio in molte situazioni che riguardano la compravendita, la locazione o la ristrutturazione di immobili. Fornisce informazioni fondamentali sulla classe energetica dell’edificio e sull’efficienza dei consumi.

    Che cos’è l’APE e quando è obbligatorio?

    L’APE indica quanta energia consuma un edificio per il riscaldamento, il raffrescamento, la produzione di acqua calda sanitaria e l’illuminazione. La classe energetica, espressa in una scala che va da A4 (la più efficiente) a G (la meno efficiente), aiuta acquirenti e affittuari a valutare i costi energetici dell’immobile.

    L’APE è obbligatorio nei seguenti casi:

    • Vendita o locazione di un immobile

    • Ristrutturazioni importanti che coinvolgono oltre il 25% della superficie dell’involucro

    • Nuove costruzioni

    • Annunci immobiliari: la classe energetica deve essere indicata chiaramente

    Vantaggi per i proprietari

    Oltre a rappresentare un obbligo di legge, ottenere una buona certificazione energetica può rivelarsi vantaggioso:

    • Maggiore valore dell’immobile: una classe energetica alta può aumentare il prezzo di vendita o il canone di affitto

    • Risparmio energetico: migliorie suggerite dall’APE possono ridurre notevolmente i costi delle bollette

    • Accesso a incentivi: per gli edifici che migliorano la propria efficienza energetica, sono disponibili detrazioni fiscali e bonus (come il Superbonus o l’Ecobonus)

    • Migliore comfort abitativo: un edificio efficiente mantiene temperature più costanti e migliora la qualità della vita

    Sanzioni in caso di mancata certificazione

    In caso di omissione dell’APE, si rischiano sanzioni amministrative che possono arrivare fino a 18.000 euro nei casi più gravi. Inoltre, in caso di compravendita o locazione senza APE, il contratto resta valido ma si incorre in multe per entrambe le parti.

    La certificazione energetica degli edifici non è solo un adempimento normativo, ma anche uno strumento prezioso per valorizzare il proprio immobile, risparmiare e contribuire alla sostenibilità ambientale. Affidarsi a un tecnico abilitato per redigere l’APE è il primo passo per fare scelte consapevoli, sia in fase di vendita che di ristrutturazione.

  • Cosa succede se il venditore si tira indietro dopo il compromesso

    Cosa succede se il venditore si tira indietro dopo il compromesso

    Il compromesso (o contratto preliminare) è un accordo vincolante in cui le parti si impegnano a concludere la compravendita di un immobile a una determinata data e condizioni. Ma cosa succede se il venditore decide di tirarsi indietro dopo aver firmato il compromesso?

    Il compromesso ha valore legale

    Molti sottovalutano il compromesso, ma si tratta di un contratto a tutti gli effetti. Quando viene firmato, le parti assumono obblighi giuridicamente vincolanti: l’acquirente si impegna a comprare, il venditore a vendere. Se una delle due parti non rispetta gli impegni presi, possono sorgere conseguenze legali importanti.

    Cosa rischia il venditore che si tira indietro

    Se il venditore non si presenta al rogito o rifiuta di vendere, l’acquirente ha diritto di:

    1. Chiedere l’esecuzione forzata del contratto, ovvero ottenere dal giudice una sentenza che tenga luogo del rogito notarile e trasferisca la proprietà.

    2. Richiedere la risoluzione del contratto e il risarcimento del danno, soprattutto se nel frattempo l’acquirente ha sostenuto spese (notaio, consulenze, mutuo, ecc.).

    3. Trattenere il doppio della caparra versata al momento del compromesso (se era una caparra confirmatoria).

    Caparra confirmatoria o penitenziale?

    • Se nel compromesso è stata versata una caparra confirmatoria, il venditore dovrà restituire il doppio della somma ricevuta.

    • Se invece si tratta di caparra penitenziale, la parte che recede perde la caparra o deve restituirla, ma non può essere costretta a concludere la vendita.

    Per questo motivo è fondamentale chiarire la natura della caparra al momento della sottoscrizione del compromesso.

    Cosa può fare l’acquirente

    In caso di ripensamento del venditore, l’acquirente può:

    • Inviare una diffida formale tramite avvocato.

    • Ricorrere al tribunale per ottenere il trasferimento coattivo dell’immobile.

    • Avviare un’azione legale per danni.

    Tirarsi indietro dopo il compromesso non è una scelta priva di conseguenze. Il venditore può trovarsi di fronte a richieste economiche importanti o addirittura alla vendita forzata dell’immobile. Per evitare contenziosi, è sempre meglio valutare con attenzione ogni impegno sottoscritto e, in caso di dubbi, consultare un legale prima di firmare.

  • Rogito notarile: quali documenti servono

    Rogito notarile: quali documenti servono

    Il rogito notarile è l’atto pubblico con cui si perfeziona la compravendita di un immobile. È un momento cruciale che sancisce il trasferimento ufficiale della proprietà e viene redatto da un notaio. Ma quali documenti servono per il rogito? Conoscere l’elenco completo aiuta a evitare ritardi o problemi nel giorno della firma.

    Chi deve fornire i documenti?

    Sia il venditore che l’acquirente devono presentare una serie di documenti personali e relativi all’immobile. Il notaio verifica la conformità di tutti gli atti per garantire la sicurezza giuridica dell’operazione.

    Documenti necessari per il rogito: acquirente

    1. Documento d’identità e codice fiscale (in corso di validità).

    2. Certificato di residenza e stato civile (spesso autocertificabili).

    3. Dati del conto bancario per il versamento del prezzo (se richiesto).

    4. Copia del preliminare di compravendita (se è stato firmato).

    5. Mutuo: in caso di acquisto con finanziamento, è necessario presentare:

      • Copia del contratto di mutuo;

      • Eventuale atto di surroga.

    Documenti necessari per il rogito: venditore

    1. Documento d’identità e codice fiscale.

    2. Titolo di proprietà dell’immobile (es. precedente rogito, donazione, successione).

    3. Visura catastale e planimetria catastale aggiornata.

    4. Certificato di agibilità dell’immobile.

    5. Attestato di Prestazione Energetica (APE) obbligatorio per legge.

    6. Documentazione su eventuali lavori edilizi, con permessi e concessioni.

    7. Certificazione degli impianti (elettrico, idraulico, ecc.), se disponibile.

    8. Condominio: dichiarazione su regolarità dei pagamenti e verbali delle ultime assemblee.

    9. Conformità catastale e urbanistica.

    Altri documenti utili

    • Eventuali deleghe, se una parte è rappresentata da un procuratore.

    • Eventuali accordi separati (es. mobili inclusi, caparra, condizioni particolari).

    • Certificato di destinazione urbanistica, se l’immobile ha terreni annessi.

    Arrivare preparati al rogito notarile significa risparmiare tempo e problemi. Il notaio ha il compito di verificare ogni documento, ma è responsabilità delle parti fornire tutto il necessario con anticipo. In caso di dubbi, è sempre consigliabile chiedere un elenco personalizzato al proprio notaio.

  • Casa pignorata: cosa succede e come affrontare la situazione

    Casa pignorata: cosa succede e come affrontare la situazione

    Il pignoramento di una casa è una procedura esecutiva che può colpire chi non riesce a far fronte ai propri debiti. Sapere cosa succede quando una casa viene pignorata e come affrontare la situazione è essenziale per tutelare i propri diritti e trovare soluzioni concrete.

    Cosa significa il pignoramento di una casa?

    Il pignoramento immobiliare è l’atto con cui un creditore (di solito una banca o l’Agenzia delle Entrate) avvia un’esecuzione forzata per recuperare un credito non pagato. Questo avviene tramite l’iscrizione del pignoramento presso il Tribunale e la successiva messa all’asta dell’immobile.

    La procedura può essere avviata solo dopo:

    • Un titolo esecutivo (come un decreto ingiuntivo o una sentenza).

    • Un atto di precetto, che intima il pagamento entro 10 giorni.

    • L’atto di pignoramento, notificato al debitore e trascritto nei registri immobiliari.

    Cosa succede dopo il pignoramento?

    Dopo il pignoramento, l’immobile non è più nella piena disponibilità del proprietario. Il giudice nomina un custode giudiziario e viene avviata la vendita all’asta. Il ricavato servirà a soddisfare i creditori secondo l’ordine di priorità stabilito dalla legge.

    Nel frattempo, il debitore può:

    • Continuare ad abitare nell’immobile (salvo diversa disposizione del giudice).

    • Presentare opposizione se ritiene il pignoramento illegittimo.

    • Tentare un accordo con i creditori per evitare la vendita.

    Come affrontare il pignoramento della casa

    Affrontare un pignoramento richiede lucidità e supporto legale. Le azioni consigliate sono:

    1. Contattare un avvocato esperto in esecuzioni immobiliari.

    2. Verificare la regolarità della procedura (atti, notifiche, importo del debito).

    3. Valutare la possibilità di saldo e stralcio, ovvero un accordo per estinguere il debito a una cifra inferiore.

    4. Richiedere la conversione del pignoramento, ossia sostituire l’immobile con una somma in denaro da versare a rate.

    5. In alcuni casi, si può ricorrere alla legge sul sovraindebitamento per bloccare le azioni esecutive.

    Il pignoramento della casa è una situazione delicata, ma non priva di soluzioni. Intervenire tempestivamente, con l’assistenza di un professionista, può evitare la perdita dell’immobile o mitigare le conseguenze economiche. Non sottovalutare il problema: agire subito è la scelta più efficace.

  • Tasse sulla vendita di un immobile: quali sono e quando si pagano

    Tasse sulla vendita di un immobile: quali sono e quando si pagano

    Vendere una casa in Italia comporta, oltre agli aspetti burocratici e legali, anche delle implicazioni fiscali. Capire quali tasse si pagano sulla vendita di un immobile e quando scattano è fondamentale per evitare sorprese e pianificare al meglio l’operazione. Vediamolo nel dettaglio.

    Tasse: Plusvalenza immobiliare

    La tassa più importante legata alla vendita di un immobile è quella sulla plusvalenza. Si tratta del guadagno realizzato se vendi l’immobile a un prezzo superiore rispetto a quello d’acquisto. La plusvalenza è tassabile solo in determinati casi:

    • Se l’immobile è stato rivenduto entro 5 anni dall’acquisto (esclusi casi di prima casa abitata).

    • Se non è stato adibito ad abitazione principale per la maggior parte del tempo tra acquisto e vendita.

    L’imposta può essere:

    • Sostitutiva del 26%, da versare al momento del rogito se dichiarata dal notaio.

    • Oppure da dichiarare in sede di dichiarazione dei redditi, con tassazione IRPEF ordinaria.

    Imposte ipocatastali e altre spese

    Se vendi un immobile, non sei tenuto a pagare le imposte ipotecarie e catastali, che sono invece a carico dell’acquirente. Tuttavia, potrebbero esserci costi indiretti, come:

    • Spese notarili (se la vendita avviene tramite notaio scelto dal venditore).

    • Certificazioni obbligatorie (come l’APE – Attestato di Prestazione Energetica).

    • Eventuali imposte arretrate, se presenti.

    Esenzioni e casi particolari

    In alcuni casi, non si paga alcuna tassa sulla plusvalenza, ad esempio:

    • Se si vende dopo 5 anni dall’acquisto.

    • Se si vende un immobile ereditato (in genere esente, salvo casi di cessione speculativa).

    • Se l’immobile è stato adibito a prima casa per la maggior parte del tempo.

    Vendere casa può comportare obblighi fiscali non sempre immediati da capire. Sapere quali tasse si pagano e quando scattano aiuta a pianificare meglio la vendita e ad evitare errori. In caso di dubbi, è sempre consigliabile consultare un esperto.

  • IMU e seconda casa: quando si paga e come ottenere agevolazioni

    IMU e seconda casa: quando si paga e come ottenere agevolazioni

    L’IMU sulla seconda casa è una delle imposte più discusse in ambito immobiliare. Chi possiede più di un immobile deve sapere quando è obbligato a pagare, quanto e in quali casi è possibile accedere a esenzioni o agevolazioni fiscali. Ecco una guida aggiornata per orientarsi con chiarezza.

    Cos’è l’IMU

    L’IMU (Imposta Municipale Unica) è un tributo comunale che si applica sugli immobili diversi dall’abitazione principale. L’imposta è dovuta dal proprietario, dal titolare di usufrutto o da chi detiene diritti reali sull’immobile.

    Quando si paga l’IMU sulla seconda casa

    L’IMU è dovuta per tutte le abitazioni che non sono adibite a residenza principale. Rientrano in questa categoria:

    • Case vacanza;

    • Immobili locati o tenuti a disposizione;

    • Abitazioni concesse in comodato d’uso (salvo eccezioni);

    • Immobili in attesa di vendita non abitati.

    L’imposta si calcola sulla rendita catastale rivalutata, moltiplicata per un coefficiente legato alla categoria dell’immobile. A questo valore si applica l’aliquota stabilita dal Comune, che può variare ma non superare i limiti previsti dalla legge.

    Agevolazioni previste

    Anche per le seconde case, la normativa prevede alcune agevolazioni IMU, tra cui:

    • Comodato d’uso gratuito a parenti in linea retta (genitori o figli): se il contratto è registrato e il comodante rispetta determinati requisiti (es. possesso di un solo immobile), è prevista una riduzione del 50% della base imponibile.

    • Immobili storici o di pregio artistico: anche in questo caso si applica una riduzione dell’imposta.

    • Immobili inagibili o inabitabili: previa certificazione, l’IMU può essere ridotta del 50%.

    Non sono previste agevolazioni per gli immobili locati, a meno che non rientrino in specifici accordi locali con i Comuni (es. canone concordato).

    Quando non si paga

    L’IMU non è dovuta sull’abitazione principale, a meno che non sia classificata nelle categorie catastali A/1, A/8 o A/9 (abitazioni di lusso, ville e castelli). In questi casi, si applica una detrazione fissa e l’aliquota è ridotta.

    Chi possiede una seconda casa deve pianificare attentamente la gestione fiscale dell’immobile. Conoscere le regole sull’IMU e verificare con il proprio Comune le eventuali agevolazioni è il primo passo per ottimizzare i costi e rispettare la normativa vigente.

  • Successione immobiliare: cosa fare quando si eredita una casa

    Successione immobiliare: cosa fare quando si eredita una casa

    Ricevere un immobile in eredità è un evento che può avere un forte impatto, non solo emotivo ma anche dal punto di vista burocratico e fiscale. In questi casi è importante sapere quali sono i passaggi da seguire per gestire correttamente una successione immobiliare e per evitare ritardi o problematiche legali.

    Cos’è la successione immobiliare

     É il procedimento legale attraverso cui un immobile viene trasferito agli eredi a seguito del decesso del proprietario. Può avvenire in due forme:

    • Successione testamentaria, se esiste un testamento valido;

    • Successione legittima, in assenza di testamento, secondo le quote stabilite dalla legge.

    Cosa fare quando si eredita un immobile

    Ecco i principali passaggi da seguire:

    1. Presentare la dichiarazione di successione
      Va presentata all’Agenzia delle Entrate entro 12 mesi dal decesso. Serve per trasferire ufficialmente i beni agli eredi e calcolare le imposte dovute.

    2. Pagare le imposte di successione
      L’imposta dipende dal grado di parentela con il defunto e dal valore dell’immobile. Per figli e coniugi, una franchigia di 1 milione di euro per ciascun erede è prevista.

    3. Aggiornare i dati catastali
      Dopo la successione, è obbligatorio comunicare il cambio di intestazione all’Agenzia delle Entrate – Catasto, attraverso la voltura catastale.

    4. Gestire eventuali comproprietà
      Se l’immobile viene ereditato da più persone, è importante stabilire la gestione condivisa o decidere per una divisione.

    5. Valutare il futuro dell’immobile
      Gli eredi possono decidere di abitare, affittare o vendere l’immobile. In caso di vendita, è necessario verificare eventuali vincoli legati alla successione, come il rispetto dei termini fiscali per l’esenzione da plusvalenze.

    Quando rivolgersi a un professionista

    La successione immobiliare può nascondere criticità legate a debiti, ipoteche o vincoli. Per questo è sempre consigliabile rivolgersi a un notaio o a un consulente esperto che possa guidare l’erede in modo chiaro e sicuro.

    Ereditare una casa comporta responsabilità e adempimenti precisi. Affrontare ogni fase con la giusta consapevolezza, e con il supporto di professionisti qualificati, è fondamentale per tutelare i propri diritti e valorizzare al meglio il patrimonio ricevuto.

  • Cambio di destinazione d’uso: come funziona e quando è possibile

    Cambio di destinazione d’uso: come funziona e quando è possibile

    Il cambio di destinazione d’uso è un’operazione urbanistica che consente di modificare la funzione di un immobile, ad esempio trasformando un locale commerciale in abitazione o viceversa. In un contesto dinamico come quello immobiliare, questa possibilità rappresenta spesso una strategia utile per valorizzare un bene o adattarlo a nuove esigenze. Ma come funziona e quando è realmente possibile?

    Cos’è il cambio di destinazione d’uso

    Con cambio di destinazione d’uso si intende la modifica della categoria funzionale a cui appartiene un immobile. Le categorie principali sono:

    • Residenziale

    • Commerciale

    • Direzionale (uffici)

    • Industriale/artigianale

    • Turistico-ricettiva

    Il cambio può avvenire con o senza opere edilizie: nel primo caso si parla di interventi che prevedono modifiche strutturali; nel secondo, si tratta di semplici variazioni d’uso senza interventi edilizi rilevanti.

    Quando è possibile effettuare il cambio

    La possibilità di effettuare il cambio di destinazione d’uso dipende da diversi fattori:

    • Piano regolatore comunale (PRG): ogni Comune stabilisce se e quando è consentito il cambio tra specifiche destinazioni.

    • Vincoli urbanistici o paesaggistici: in alcune zone, ad esempio nei centri storici o in aree sottoposte a tutela, le possibilità possono essere limitate.

    • Tipo di intervento: se comporta opere edilizie, è necessaria una SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) o un permesso di costruire.

    In ogni caso è fondamentale verificare la conformità urbanistica e catastale dell’immobile.

    Quando può essere conveniente

    Il cambio di destinazione d’uso è spesso una scelta strategica quando si desidera:

    • Rendere un immobile più appetibile sul mercato;

    • Adeguare un bene ereditato o inutilizzato a nuove esigenze abitative o commerciali;

    • Ottenere una rendita più elevata da un affitto, modificando l’uso in funzione della domanda della zona.

    Il cambio di destinazione d’uso è uno strumento potente per valorizzare un immobile, ma va pianificato con attenzione. Prima di avviare la procedura, è sempre consigliato rivolgersi a professionisti esperti in materia edilizia e urbanistica, per evitare errori e agire nel pieno rispetto della normativa vigente.